mercoledì 31 agosto 2011

Prenderli a calci...in culo.


Dalmine, 31 agosto 2011
Caro diarietto,
se delle persone, troppo, diciamo degli esseri, milionari che vivono nel lusso pagati a peso d'oro, lavorando un'ora e mezza a settimana hanno l'ardire di rifiutarsi di pagare una tassa, briciole per i loro conti in banca, c'è qualcosa che non va. A prescindere dalla bontà della manovra economica del Governo è davvero troppo, è intollerabile. Se il contributo di solidarietà non lo pagano gli straricchi, indovinate un po' chi dovrà aggiustare i conti della nazione. Qui siamo davvero alla farsa. Un calciatore guadagna mille volte la paga di un operaio se non di più, è pagato per divertirsi, per giocare, non fa turni, senza contare le cospicue entrate pubblicitarie. Immeritatamente. Immoralmente. Si dovrebbero pagare così i ricercatori, i medici, gli insegnanti, i magistrati, le forze dell'ordine: le persone che contribuiscono al miglioramento della nostra vita.  Fa parte del carattere nazionale: secoli di dominazione straniera o indigena hanno forgiato il carattere degli italiani. Individualisti e furbi. Se possono aggirare una tassa o una regola lo fanno, gli altri che si arrangino. Se gli altri non ci riescono peggio per loro, sono degli sfigati. Per chi si arrangia a spese della comunità c'è ammirazione, desiderio di emulazione, non il disprezzo che sarebbe dovuto a questi parassiti. L'italiano di fronte ad un sopruso, a un'ingiustizia, a un privilegio non pensa "Non dovrebbe essere così", pensa piuttosto "Vediamo se riesco ad approfittarne anch'io".
La sopportazione degli italiani onesti, piccola minoranza, è davvero infinita. Rassegnarsi o lottare? La risposta non è così scontata come dovrebbe essere. 

martedì 30 agosto 2011

Miaaaoooo


Dalmine, 30 agosto 2011
Caro diarietto,
hanno quell'aria pensosa e un po' perplessa. Aristocratica. Movimenti felpati e di estrema eleganza: i gatti. Non credo si possa dire di essere padroni di un gatto, sono compagni di vita. Decidono loro come e quando dimostrarti il loro affetto. Ma sempre in maniera molto misurata, tranquilla: purrr purrr purrr. Quando ti si strusciano addosso facendo le fusa non si può non amarli. Ma non è un amore incondizionato il loro. Ha qualcosa di umano, viene modulato in base al nostro comportamento. Sono disponibili ma non sempre e comunque. Come se pensassero: va bene, viviamo vicini ma non troppo, affettuosi sì ma senza fonderci l'uno nell'altro. Legati ma non incatenati. Penso che se tutti si comportassero come i gatti il mondo sarebbe un posto migliore, più felice, più felino.

lunedì 29 agosto 2011

Origini


Dalmine, 29 agosto 2011
Caro diarietto,
ti racconto una piccola storia. La storia di due ragazzi: Annita e Franco. La guerra è finita da poco più di un anno. Lui ha venticinque anni e nasconde la sua fragilità dietro un carattere burlone e un paio di occhiali scuri. Lei ne ha ventitre, ha conosciuto questo giovane veneziano a Matera, durante la guerra e l'ha seguito. Ha dei bei capelli neri, quasi crespi e una forza di volontà e uno spirito di adattamento fuori dal comune. Vivono a Venezia da qualche anno e lei già parla il veneziano. Questa sua capacità le tornerà molto utile in seguito. L'Italia non offre molto. Tre anni più tardi emigreranno in Sudamerica, in Brasile. Non conoscono nessuno lì, non parlano la lingua ma hanno grandi progetti per sé e per la loro figlioletta Clara di appena due anni. Durante la traversata, incurante degli ondeggiamenti, la piccina si mantiene in perfetto equilibrio sul ponte della nave, pur avendo da poco imparato a tenersi in piedi. È la prediletta dei passeggeri, la mascotte della nave. Avranno poi un altro figlio, José, che però morirà a soli due anni, lasciando un dolore sordo che impedirà loro di dare un fratellino a Clara fino al 1961. Quando finalmente li conoscerò, i miei creatori: mamma e papà.


venerdì 26 agosto 2011

Legami ininterrotti


Marina di Leporano, 26 agosto 2011
Caro diarietto,
si dice spesso: lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Non è sempre così, perlomeno non con tutti. Ci sono persone che nel rivederle dopo anni, si ha l'impressione di averle appena salutate il giorno prima. Come se il tempo non fosse trascorso affatto. Come se l'intervallo fosse stato brevissimo, un istante, una piccola parentesi di lontananza. Non avviene con tutti. Quando capita non ci si chiede neanche che cosa ci sia successo nel frattempo. Non c'è niente da chiedere. Non c'è niente da sapere. Non c'è stato nessun frattempo. 

giovedì 25 agosto 2011

Occhio


Marina di Leporano, 25 agosto 2011
Caro diarietto,
l'occhio è davvero diverso dalla macchina fotografica. Me ne accorgo quando vedo qualcosa di interessante, un bel soggetto e lo inquadro. In quello che vedo sullo schermo c'è tanta roba in più, è tutto più piccolo. L'occhio è selettivo, la macchina riprende tutto quello che ha davanti, anche ciò che non mi interessa. E mentre con l'occhio ho una visione molto ampia, sullo schermo della fotocamera c'è una porzione minuscola di ciò che vedo. L'occhio si adatta anche a condizioni di luce proibitive, vede quasi al buio. La fotocamera in questo ha molti limiti. Un'altra differenza importante è che la nostra visione è stereoscopica, mentre  l'immagine sullo schermo non lo è. Questo spiega perché quello che ci sembrava uno scatto meraviglioso magari poi si rivela una foto mediocre.
Eppure, nonostante i suoi limiti, la fotografia può rendere eterno un qualsiasi fuggevole istante della nostra vita. Facilmente. Può far sì che quell'attimo lasci una traccia di sé, che non sia trascorso invano. 

mercoledì 24 agosto 2011

Ricordi che non ricordo


Marina di Leporano, 24 agosto 2011
Caro diarietto,
ora ti racconto una storia molto carina, che mi è stata riferita da mia sorella visto che al tempo avevo pochi anni. Abitavamo in quel periodo a Santos, in Brasile. Proprio vicino allo stadio del Santos Futebol Clube. Mia sorella, allora adolescente, era amica di una ragazza, tale Regina, vicina di pianerottolo. Il fratello di Regina, José, giocava a calcio nella Portuguesa Santista, in serie B. Era il periodo di Natale e Regina dice a Clara, mia sorella: Perché non vieni a passare il Natale da noi?_Sì, sarebbe bello, ora chiedo a mia madre. Ora dovete sapere che io, un bimbo piccolissimo, ero il bambolotto preferito di mia sorella, che mi portava sempre con lei. E la sera di Natale, viene in visita da José un altro calciatore, suo amico carissimo, però di serie A. Giocava nel Santos ed era già molto famoso. Mi vede, e non può resistere, mi prende in braccio. Dice: Ma che bel bambino. Non ci crederete, quasi non ci credo neanch'io: era Pelé.

martedì 23 agosto 2011

Chi va e chi viene...


Marina di Leporano, 23 agosto 2011
Caro diarietto,
mi piacciono le stazioni: dei treni, degli autobus, della metropolitana, degli aeroporti. Tutto quel movimento, tutta quella varietà di facce, di corpi. Di andature, di ritmi, di colori. Ognuno diverso e unico. Ognuno con la sua storia. Ci sono quelli con gli zaini, a volte quasi più grandi di loro. Hanno tutto l'occorrente sula schiena, come delle lumache con i loro gusci. Tanti con i trolley, grandiosa invenzione tardiva. Mi spiego: ci sono voluti  secoli per concepire una valigia con le ruote. Com'è possibile che nessuno ci abbia mai pensato prima? Tutta quella immane fatica con valigie pesantissime è finita abbastanza recentemente. Tantissimi anche senza bagaglio, che fanno percorsi brevi o che bighellonano alla ricerca di qualcosa. Osservo tutto questo balletto. E penso: guarda quanta gente NON conosco! Nell'arco di una vita quante persone si potranno conoscere o anche solo incrociare? Mille? Diecimila? Ce ne saranno comunque altre cinquemiliardinovecentonovantanovemilanovecentonovanta circa che non conoscerai mai...che peccato!